RISME Ricerca Idee Salute Mentale Emilia-Romagna

LABORATORIO DI ARTE TERAPIA DEL CENTRO DIURNO PSICHIATRICO DI CASALECCHIO DI RENO

All’interno di questo Centro gestito attualmente dalla Cooperativa “Il Martin Pescatore” sono i terapeuti espressivi di Art Therapy Italiana di Bologna a condurre le attività.

L’ambiente, uno spazio quadrato con due grandi tavoli centrali, disseminato di supporti, colori e cartelle di disegni, appare immediatamente familiare, ma la presenza di arte terapeuti formati presso l’ATI rende peculiari le attività svolte distinguendole da molte delle pratiche e produzioni individuate sul territorio. Siamo infatti di fronte, in questo caso, a una prassi creativa espressamente calata nel contesto di una relazione terapeutica, dove lo spazio di lavoro si configura come setting, o meglio come studio-atelier 1 e il terapeuta svolge sedute individuali o collettive, lavorando a più mani o singolarmente.

Traendo dall’orientamento psicoanalitico i suoi riferimenti principali, l’assunto-base di questo metodo è che il linguaggio visivo faciliti l’espressione di sé e la comunicazione interpersonale; presupposto a cui si associano una serie di funzioni correlate che si esplicano nel corso del trattamento. Il processo creativo dà modo ai contenuti interni di esprimersi, racconta l’esperienza di sé e del mondo, favorisce un senso di coesione interna e di integrazione, e allo stesso tempo l’immagine prodotta avvicina terapeuta e paziente mettendoli in relazione.

Questa prassi terapeutica implica infatti che il paziente venga coinvolto in un processo creativo che si sviluppa attraverso il contributo dell’analista, il quale, facendo leva sulla propria capacità di sintonizzazione e di risonanza, “legge” l’immagine, mentre il primo, di rimando, associa la propria opera, la commenta e la sviluppa. Le forme create non sono dunque definitive, stabili, e modificandosi testimoniano le trasformazioni che il soggetto sperimenta.

Divergenze e prossimità tra i laboratori dell’ATI e altre formule atelieristiche emergono di conseguenza. Uno scarto palese si manifesta, per esempio, concentrandosi sulla fase conclusiva dell’attività, una volta che il manufatto è completo, dunque passibile, in altri contesti, di divenire un oggetto di mercato o un pezzo espositivo. Nell’ambito dell’arte terapia i materiali vengono invece conservati e gli autori, durante la rivisitazione finale del percorso creativo svolto, decidono cosa tenere per sé o cosa, eventualmente, lasciare in deposito al Centro.

Anche per quanto riguarda lo svolgersi del processo creativo vero e proprio, le differenze emergono e sono palesi. Nel caso specifico degli atelier a vocazione artistica, per esempio, il condizionamento esercitato dal conduttore è un elemento che viene discusso e monitorato per evitare che il potenziale di originalità dell’opera dell’utente sia ridotto o compromesso. Qui il problema dell’ “autorialità” invece è escluso perché non si coltiva una sperimentazione artistica fine a se stessa ed è la relazione terapeutica – e non soltanto l’estro del paziente – a determinare la presenza di forme e segni, configurazioni grafiche che altrimenti non esisterebbero.

D’altro canto, sul fronte delle corrispondenze, seppur il fine delle attività non sia quello di sviluppare il potenziale artistico individuale, il bello rimane una componente propria dell’arte terapia, capace di presentarsi sotto forma di efficacia e veridicità nella descrizione di un certo contenuto, come pregnanza emotiva di una rappresentazione, ma anche come vera e propria piacevolezza o interesse estetico. A questo proposito si distinguono nel laboratorio le opere di R.S., Paolo Barbolini, Giovanni Benedetti.

R.S. delinea un universo di forme astratte che sembrano embrioni e appendici vegetali in fase di crescita e inclini a espandersi oltre il supporto; con un tratto esitante e minato da cancellature, Paolo realizza invece figure umane e animali dalla forte tensione espressiva, mentre Giovanni è autore di un diario poetico e allo stesso tempo fedelissimo delle attività agricole stagionali, e di una serie di “brutti sogni” che condivide l’immediatezza delle composizioni precedenti.

Album e numerosi collage sono presenti infine nel laboratorio come parte di un trascorso progetto di narrazione autobiografica (“Artinsieme”). Pur essendo nate come esercizi preparatori alla descrizione verbale, queste composizioni che combinano immagini fotografiche, disegni e interventi testuali, affascinano per l’efficacia comunicativa, la crudezza e la libertà negli accostamenti, rivelando più di un punto di tangenza con le pratiche degli artisti contemporanei.

Sara Ugolini

VISUALIZZA LA GALLERIA DI IMMAGINI

--

NOTE:

1 R. Mignone, Nella stanza di arte terapia, intervento pubblicato sul sito “Psicoart” e consultabile.