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FLY

Fly nasce a Milano nel 1973. Dopo una serie di trasferimenti, dovuti al lavoro del padre, a vent’anni si trasferisce a vivere stabilmente a Bologna. Inizia a dipingere negli anni Novanta del secolo scorso, sostanzialmente da autodidatta, avendo alcune nozioni scolastiche di storia dell’arte ma non una formazione di tipo pratico.

I suoi dipinti nascono spontaneamente per poi, come fossero test di tipo proiettivo, assumere un titolo solo in un secondo tempo. Situazioni e personaggi dell’immaginario collettivo (Pinocchio, Il principe ranocchio, Vasco Rossi), figure anonime, creature di invenzione, composizioni di forme irregolari e moti curvilinei si trasformano allora, a posteriori, in illustrazioni di concetti astratti e qualità umane.

Alcune volte la relazione tra titolo e immagine si coglie immediatamente (l’estetica collegata a un esercizio ginnico, la pigrizia a un uomo disteso sul divano, la sfida a due avambracci diversi impegnati in una prova di forza), in altre è più ambigua (la trasgressione fatta corrispondere a quattro creature diverse per struttura e colore, la tenacia a una faccia con occhi e bocca di forma identica se non per la tinta, la creatività a tre sagome nere vagamente antropomorfe e dai contorni ondulati ...).

I suoi dipinti non rispondono a un unico stile ma esplorano un’ampia gamma di possibilità comprese tra poli opposti: dall’astrazione pura di linee al linguaggio del fumetto, dal graffitismo alla Keith Haring all’illustrazione naturalistica o da racconto d’infanzia. Questo girovagare attingendo a tradizioni differenti avvicina visivamente Fly ad artisti contemporanei come Donald Baechler. L’opera di entrambi tradisce il recupero e la riproposizione sistematica di modalità e codici rappresentativi disparati, ma anche il repertorio di soggetti scelti è simile: fiori, oggetti quotidiani, teste, sagome umane e animali stilizzate, in movimento o stazionarie (come illustrano i due lavori che seguono: quello a sinistra, di Fly, del 2001, e quello a destra di Baechler, del 2004).

Vari dal punto di vista formale ma affini per vivacità e contrasti cromatici, i dipinti di Fly funzionano inoltre come opera corale, l’insieme infatti ne garantisce l’impatto visivo.

È l’autore stesso a esprimere questa necessità di coesione in un suo racconto, intitolato “Perché porti due orologi?”. Nel testo, descrivendosi in terza persona, egli allude infatti all’impossibilità di distaccarsi anche da uno soltanto dei lavori: “[…] per lui i quadri sono legati l’uno all’altro da una storia, quindi come si possono dividere? Assieme sono ormai una cosa sola”1. Un’integrità dunque slegata da preoccupazioni di carattere espositivo ma invocata in nome di una storia che viene spontaneo mettere in relazione alla vita stessa dell’autore. Del resto, osservati da vicino, molti dipinti rivelano immediati riferimenti autobiografici: il cane di casa, il cantante del cuore, i protagonisti dei film d’animazione preferiti. Ma il testo di Fly suggerisce anche un’ ulteriore lettura. Il suo alter ego letterario racconta che in un periodo di digiuno vede animarsi gli oggetti intorno a sé e anche i suoi lavori prendere vita ed esprimersi. Ciascuna opera, a turno, interviene allora descrivendo la qualità positiva o negativa che si trova, visivamente, a rappresentare. Il quadro dal titolo “L’intolleranza” a un certo punto dichiara: “Molti uomini non ammettono diversità sia materiali sia spirituali”, mentre quello rappresentante “La diversità”, in cui si fronteggiano due esseri di fattezze opposte, replica: “Sì bisogna avere gli stessi ideali, ma si può anche essere diversi come rappresento con lo smilzo ed il grasso”.

I dipinti di Fly, evocazioni sintetiche di esperienze, pensieri e affetti privati, emergono, attraverso il testo del racconto, arricchiti di una nuova funzione. Essi sembrano comporre una guida spirituale che, come suggeriscono i più autorevoli manuali del genere, aiuti a orientarsi quando il rischio di perdere la via si fa più incombente.

Sara Ugolini

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NOTE

1 Estratto del racconto inedito “Perché porti due orologi?”