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PROGETTO LABORATORIALE DEL CENTRO DIURNO RONDINE

Il Centro Diurno Rondine, gestito dalla Cooperativa Società Dolce, opera in sinergia con il Dipartimento di Salute Mentale dell’AUSL di Bologna, organizzando percorsi di riabilitazione psichiatrica volti al reinserimento sociale degli utenti coinvolti. Tra gli strumenti proposti compaiono diverse occupazioni espressive, sia di stampo artigianale come i laboratori dedicati alla sartoria e la ceramica, sia vere e proprie attività creative. E’ proprio in questo contesto che, grazie all’iniziativa personale di alcuni educatori, appoggiati dal coordinatore del Centro, nel 2011 è stata avviata un’interessante sperimentazione, che ha preso il nome Il Cinno Selvaggio, dove la collaborazione tra un’artista contemporaneo affermato e le persone che frequentano il centro porta alla realizzazione di un autentico elaborato artistico. Durante il primo progetto pilota, lo street artist e illustratore Ericailcane è intervenuto, insieme a sei utenti, alla creazione di un cortometraggio di animazione intitolato Quando il Diavolo ci mette le uova. Si tratta di un’opera collettiva in cui la commistione tra il lavoro individuale di ogni partecipante e le fasi di confronto e progettazione comune hanno dato vita ad un episodio narrativo bizzarro, che per cinque minuti tiene la curiosità degli spettatori sempre allerta, con un’alternanza di immagini e effetti audio dall’esito imprevedibile. Il video infatti innesca repentini cambi di direzione nella mente di chi lo osserva, già a partire dal titolo: il Diavolo in questa vicenda non ci mette lo zampino - o meglio, non solo - mette soprattutto una gran quantità di uova in un misterioso pentolone …

… Un orologio segna quasi le sei del mattino, il sole sorge, un gallo canta appollaiato su una staccionata e una gallina depone le uova; gli arpeggi di una chitarra donano alla scena campestre un sottofondo sereno, ma non c’è nemmeno il tempo di assestarsi sulle lunghezze d’onda di questa atmosfera sognante, che subito appare il faccione malvagio del Diavolo che, con un ghigno beffardo, riporta indietro le lancette dell’orologio e costringe la povera gallina a produrre immediatamente altre uova. Sembrerebbe la trasposizione animata del tipico racconto con due personaggi positivi e uno negativo, ma è meglio non illudersi di aver già colto l’andamento dell’intera struttura narrativa, perché gli input collettivi alla base della creazione di questa storia hanno decretato che un solo antagonista non basta! Ed ecco che il suono di un’altra risata maligna accompagna l’entrata in scena del profilo di una strega: è suo il pentolone dove finiscono tutte le uova rubate dal Diavolo. L’insaziabile appetito dei due innesca un loop che obbliga gallo e gallina ad agire sullo sfondo di un’alba continua, cantando ad ogni sorgere del sole e sfornando uova a ritmi insostenibili. La ripetizione serrata della stessa scena è segnata dalle immagini di un orologio con le lancette che si muovono a velocità vorticosa, è questo infatti il vero strumento di potere utilizzato dal duo malefico, finché la gallina, esausta, con tanto di piume arruffate e l’espressione segnata da occhiaie pesanti, decide di buttarlo nella pignatta fumante. Nel perfido incantesimo si registra un cortocircuito e ora, al posto delle lancette dell’orologio, a girare in tondo sono le uova in un piatto. La strega e il suo compagno di scorribande riescono giusto a strabuzzare gli occhi, prima che un esercito di pulcini insorti si erga in volo dal ribollio della pozione e ce li scaraventi dentro. In una secca inversione di ruoli, adesso tocca a loro accovacciarsi sulla stessa staccionata che compariva nel fotogramma d’apertura. Le proprietà di sintesi, intrinseche del mezzo video, riassumono e donano concretezza al lavoro svolto nell’arco di circa tre mesi, in cui Ericailcane ha incontrato più volte a settimana sei utenti che frequentano le attività espressive organizzate dal Centro Rondine e sono stati coinvolti in maniera attiva nello sviluppo della clip di animazione attraverso diverse modalità. Fatta eccezione per il montaggio e la post-produzione, tutte le attività hanno avuto luogo negli ambienti di via Abba: a partire dall’elaborazione della trama fino alla realizzazione grafica dei vari personaggi e alla registrazione delle tracce audio. Un punto fermo di ogni fase della produzione è stata la contaminazione e iterazione tra i vari contributi, suggeriti sia dagli utenti che dall’artista, in una dinamica progettuale che ha condotto ad un risultato inconsueto, non solo dal punto di vista narrativo, ma anche sotto il profilo tecnico. Questa esperienza ha permesso la realizzazione di un video in stopmotion che si configura non come il semplice esito di un’attività ricreativa per gli utenti del Centro Rondine, ma come un lavoro creativo articolato, a cui gli organizzatori si propongono di dare visibilità anche tramite l’inserimento in circuiti culturali riconosciuti: il cortometraggio, infatti, è stato proiettato in anteprima a maggio 2012 presso la libreria Modo Info Shop di Bologna ed è stato inserito nel cartellone della manifestazione “Serate Illuminate” al PAC180 di Livorno a luglio 2013. Tale metodologia, in cui il linguaggio individuale è messo in correlazione con una creazione collettiva, è stata utilizzata anche nella seconda tappa del programma, coordinato in questa occasione dalla fumettista e illustratrice Francesca Ghermandi. Forte della buona riuscita dell’esperienza condotta nell’anno precedente, nel 2012 il Centro Rondine ha aperto la partecipazione al workshop anche ad utenti seguiti da altri centri diurni e CSM della provincia.

Nel periodo tra novembre 2012 e marzo 2013 dodici persone hanno preso parte al progetto di realizzazione di una rivista che, nel corso degli incontri, ha assunto l’aspetto di una guida fantastica e misteriosa della città di Bologna. E’ utile sottolineare che, sebbene Ericailcane e Francesca Ghermandi non avessero mai collaborato con utenti psichiatrici, in entrambi i casi, gli artisti si sono limitati a fornire spunti interessanti per stimolare il processo creativo, senza però intervenire direttamente nell’elaborazione pratica dei contenuti, rispecchiando quindi una prassi ampiamente diffusa tra i conduttori degli atelier che si occupano di attività espressive in contesti di disagio mentale. In particolare, durante i primi appuntamenti, Ghermandi era solita fornire numerosi libri che i partecipanti potevano consultare liberamente; inoltre l’attività di progettazione era divisa in due fasi alternate: inizialmente i membri del gruppo erano invitati a concentrarsi sulla realizzazione di testi, disegni, assemblage di fotografie e altre composizioni visive che, in un secondo momento, venivano appesi a dei supporti, in modo da riprodurre una sorta di storyboard, commentabile da tutti. Questo genere di operazione, oltre a permettere una presa di distanza dal materiale appena prodotto, incoraggia anche la contaminazione di idee e ha dato adito all’individuazione di soluzioni fuori dal comune per lo sviluppo dei vari capitoli della guida. Rispetto al progetto condotto da Ericailcane, tuttavia, in questa esperienza, la dimensione collettiva appare smussata e, sebbene l’intero lavoro sia frutto di una serie di elaborazioni e modifiche suggerite dal gruppo, negli interventi visivi è possibile rintracciare lo stile individuale dei singoli contributi. In generale si può osservare come nella pubblicazione compaiano tracce provenienti dalla cultura e dalla tradizione locale rielaborate in una chiave insolita e singolare, mostrando quindi una tendenza molto frequente nelle produzioni artistiche sviluppate da autori non professionisti in contesti esterni ai circuiti dell’arte ufficiale. All’interno della quarantina di pagine, che compongono la versione definitiva della Guida ai Segreti di Bologna, per esempio, possiamo leggere e osservare le stravaganti storie di edifici della periferia, che non solo sono visibili dallo spazio, ma agiscono anche come catalizzatori per visitatori alieni, abilmente immortalati in una serie di ritratti caratterizzati da uno stile sintetico e persuasivo. Il genere della fantascienza pervade anche le vicende ambientate sullo sfondo delle sottoculture urbane, così Francesco ha scritto una storia curiosa dove, tra nodi energetici e pigmenti provenienti dal mondo sotterraneo, il pezzo di un misterioso writer nostrano si anima e inizia a girovagare sui muri dei palazzi, creando scompiglio per le vie della zona universitaria.

La presenza di riferimenti ad elementi reali del tessuto urbano bolognese, costante in tutte le sezioni, è particolarmente evidente nei “percorsi magici” ideati da Giuliana, in cui scarpe, mappe, meridiane e versi in rima creano un’avvincente rilettura della struttura urbanistica del centro città, che suscita nel lettore la curiosità di verificare personalmente l’esistenza o meno dei tanti particolari architettonici, iscrizioni e itinerari citati. Stefano, invece, ispirandosi all’antica tradizione bolognese delle “insignia degli anziani” - miniature encomiastiche che un tempo venivano dedicate ai nobili locali - ci regala un passeggiata in una Bologna deserta, coronata da una veduta della Basilica di San Petronio che, per l’occasione, è adornata da una vegetazione fantastica. Rimandi a lontani periodi storici, culti pagani e stili artistici della scena emiliana emergono invece dalla Leggenda del Convento delle Suore Ballerine (illustrata da Andrea Giordani) e dal testo firmato dal fantomatico Ciccio Pirillo; il primo caratterizzato da un taglio magico-mitologico e da un layout dove gli interventi grafici sono intervallati al racconto scritto, mentre il secondo ricalca sia la struttura sia il linguaggio specifico dei periodici specializzati in critica d’arte. Infine non mancano contributi che esplorano particolari quartieri e locali della città attraverso riflessioni personali, come accade nel racconto intitolato La maieutica del regaetton & il loquito mazziniano che ha sancito la brillante collaborazione tra Flavio, Andrea e Francesco, dove, ancora una volta, gli episodi narrativi sono affiancati da stravaganti interpretazioni visive del panorama bolognese. Come promette il ghigno del logo disegnato da Mattia e l’ammiccante sottotitolo in copertina, si tratta proprio di “una guida che non avete mai letto!”

Marta Cannoni

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