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Mario A.

Un “discorso” a parte merita il caso di Mario A., ricoverato dal gennaio 1947 presso l’Ospedale Psichiatrico «L. Lolli» di Imola, la cui produzione artistica pervenuta all’Istituzione G. F. Minguzzi, presumibilmente in occasione del 2° Colloquio Internazionale sull’espressione plastica (3-5 maggio 1963, Bologna), rappresenta una parte irrisoria rispetto al corpus plastico stimabile dell’artista. Insieme a quella di Giotto, essa risulta strettamente legata alla realtà imolese, sia per ragioni di ordine metodologico che per l’importanza sperimentale circa gli studi sulla Psicopatologia dell’espressione condotti dal professore Gastone Maccagnani in quegli anni.

Nel saggio dedicato all’espressione plastica del nostro artista, parte integrante degli Atti del suddetto convegno, scrivono Maccagnani e Jean Bobon:
Uno schizofrenico catatonico, bloccato nella sua espressione verbale, presenta numerose stereotipie sul piano dell’espressione gestuale, in particolare disegnata (stereomorfismi). Lo stretto formalismo del suo comportamento è in effetti conseguenza di un delirio inespresso per quanto vivace. Questo delirio è cristallizzato nei suoi stereomorfismi che rappresentano un tentativo drammatico di ripresa di contatto umano con la creazione di uno strumento di dialogo nuovo e universale: la lingua-pittura assoluta (glossomorfia).

Tale diagnosi, come del resto le note cliniche in questione, non stupiscono, soprattutto se si legge il “glossomorfismo” plastico-creativo dell’artista alla luce dell’atteggiamento comportamentale stereotipato descritto: lo spezzettamento dello spazio (motorio), la “misura” delle movenze abituali, mimano senza alcun dubbio la precisione rituale del gesto insita nella sua opera grafica, pittorica e linguistica. All’interno dei disegni l’organizzazione è rigida: forme geometriche, essenzialmente dei quadrati, dei cubi e delle linee, sono unite molto spesso a commenti scritti dall’autore in lingua italiana (in lettere maiuscole generalmente disposte da destra verso sinistra e dal basso verso l’alto) e ricordano veri e propri elenchi puntati, liste ed appunti. Si tratta di liste, compilate con lentezza, precisione e applicazione, di norma disegnati o dipinti, relativi ai gradi scolastici (ricordiamo che Mario A. era insegnante elementare), ai gradi militari, a serie di «Ordini» (Ordine del Primo Ministro, Ordine dell’Applicata), ai programmi televisivi, perfino alle consuetudini circa le proprie modalità di impiego dei periodi di permesso, della quantità e tipologia di capi indossati, delle sigarette.

Eccezionali sono le quattro tavole, dal grande formato, nelle quali, la fitta scrittura “miniata” (a matita), si svolge su otto file verticali alternandosi ad illustrazioni di piante, meticolosamente nominate e soliti elenchi “a quadri”. Enciclopedica, possiamo dire, è la tendenza plastica del nostro artista all’inquadramento della realtà.

Pare che, poco alla volta, Maccagnani e Bobon, forse nel corso di diverse sedute cliniche, siano riusciti a penetrare in parte il pensiero del malato, il quale a sua volta definiva l’insieme della sua produzione: «la lingua pittura assoluta». L’artista, in effetti, elabora razionalmente un sistema convenzionale di comunicazione non verbale, il cui rapporto analogico con il linguaggio scritto, alfabetico e aritmetico, è palese.

Esiste, a questo proposito, un’altra serie di disegni “matematico-statistici”, nei quali l’autore teorizza graficamente modelli e diagrammi ad albero, servendosi di un cromatismo binario codificato (rosso e blu) e spesso di supporti illustrativi, legati a dinamiche sociali, che sembrano tradurre una certa visione della società e delle sue gerarchie.

Alessandro Simonini