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Euronzo

Tra i numerosi esempi di produzioni creative appartenenti al Fondo Minguzzi, sono stati ritrovati all’incirca una sessantina di disegni tutti riconducibili ad un esecutore anonimo, che usava firmarsi con due pseudonimi assai simili: Euronzo o Eurinzo.

Le composizioni sono spesso realizzate su entrambe le facciate dello stesso foglio, non è chiaro se questa scelta fosse motivata da preferenze personali dell’autore o se, come è avvenuto nel caso di alcuni nomi storici di artisti irregolari con trascorsi all’interno di istituti di cura, fosse una necessità dettata dalla scarsità di materiale a disposizione. Non è da escludere che, forse a causa di una condizione psichiatrica particolarmente delicata, il creatore di queste opere non avesse accesso di frequente agli ambienti in cui venivano organizzate le attività artistiche all’interno della struttura ospedaliera.

In pressoché tutte le composizioni di Euronzo, che presumibilmente risalgono agli anni sessanta e settanta del secolo scorso, si rintraccia un forte interesse per due media, che in quel periodo stavano assumendo un peso sempre più significativo nei momenti di svago della popolazione italiana: il cinema e la televisione.
L’allusione al contesto televisivo appare in modo esplicito a corredo di una composizione raffigurante la sagoma di tre teste dipinte con acquarelli brillanti e incorniciate in un rettangolo dai contorni irregolari (Film Domani non m’aspettar TV), forse un personalissimo tentativo di trascrizione delle immagini trasmesse sul piccolo schermo.
La struttura rettangolare ritorna anche in una sequenza di tavole di piccole dimensioni, all’apparenza astratte, costituite da strisce e sezioni colorate e adiacenti, che lasciano presagire una fascinazione per gli aspetti tecnici connessi ai primi anni di sviluppo del medium televisivo. Queste “scatolette” riempite fino al bordo di colore, infatti, svelano delle bizzarre e interessanti analogie con il monoscopio: un dispositivo usato per generare le cosiddette immagini di prova, quando, agli inizi degli anni settanta, la RAI - unica emittente italiana - ha dato avvio alle sperimentazioni mirate alla messa in onda di programmi a colori.
I primi riferimenti al cinema, nella forma della sigla FINANZE FILM, compaiono a fianco di una serie di rappresentazioni di frutti e piante piuttosto tradizionali, poi pian piano la tematica cinematografica prende il sopravvento, declinandosi in una singolare sequenza di titoli insoliti come Il re della terra, L’uomo ucciso da un colpo di pistola, Doppia statistica, La nave affondata, Il torchio americano, dando vita a locandine sui generis, suggellate da marchi di case di produzione immaginarie. I disegni, inoltre, sono spesso arricchiti da lunghe liste di nomi, ipotetico accenno agli sconosciuti interpreti dei film che l’artista progettava.

Euronzo dimostra di aver subito l’influsso dei mezzi di comunicazione di massa e di aver assimilato stralci di tale cultura in maniera meravigliosamente ingenua: il disegno, alquanto elementare, di una casa collocata su un grande prato riporta il titolo del colossal americano Via col Vento, un piccolo cartoncino azzurro mostra invece la conoscenza delle principali case cinematografiche, in maniera curiosa però, la 20th Century Fox si trasforma in una più nostrana Venti Centuri Fox e chissà che la saga Film Il Fiume Savena e Film Il Ponte Savena non fosse intesa come derivato emiliano del ben più noto Il ponte sul fiume Kwai.
Non di rado infatti l’artista traspone l’ambiente a lui familiare nell’universo immaginifico tipico delle pellicole dell’epoca: i nomi di strade del centro storico di Bologna (Via Fondazza Film), di paesi del territorio circostante (Film Ozzano Emilia) e di località a lui note (Il Lago di Resia) vengono dotate di un’aura inconsueta, mentre assurgono al ruolo di protagonisti di opere cinematografiche pensate, ma mai realizzate. Considerata questa tendenza peculiare, che induce l’artista a creare abbozzi di sceneggiature d’invenzione, attingendo ad un panorama ben conosciuto e a lui affettivamente vicino, si potrebbe supporre che gli elenchi degli attori coinvolti siano in realtà i nomi di altri pazienti dell’istituto Roncati o, in alternativa, i nomi di amici e parenti, di cui Euronzo cerca forse di esorcizzare l’assenza, quando la condizione del ricovero imponeva la lontananza dal suo nucleo familiare.

Condividendo alcune teorie di Colin Rhodes, studioso australiano di outsider art, sembra plausibile l’ipotesi secondo cui Euronzo attribuisca alla sua produzione la valenza di un mondo alternativo, considerandola non come un insieme di semplici lavori artistici, ma, come vero e proprio luogo in cui vivere la sua esistenza.
La condizione di isolamento dal mondo esterno, che contraddistinse l’esperienza psichiatrica prima della riforma basagliana, nell’opera di Euronzo sembra essere controbilanciata dalle numerose evasioni fantastiche, garantite da questo particolare meccanismo creativo.

Marta Cannoni