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Maria Cristina G.

L’Istituzione Gian Franco Minguzzi conserva quaranta opere attribuibili a Maria Cristina G.; trenta immagini sono firmate dall’autrice o dagli infermieri, solo una è datata e reca l’anno 1987. Tenendo in parte anche conto della quantità e della cronologia dei disegni raccolti, ipotizziamo un lungo periodo di degenza dell’autrice presso questa struttura, presumibilmente tra il 1960 e il 1993.

I disegni sono su carta bianca di formato A3 e A4, sui quali viene utilizzata la matita, la penna biro e le matite colorate; mentre lo stile è prettamente figurativo: vi ritroviamo volti femminili, ritratti a mezzo busto, a figura intera e cinque nudi ma anche quattro paesaggi e due disegni geometrici. La serie di ritratti a mezzo busto nasce dall’immaginario personale dell’autrice ma potrebbero aver fornito l’ispirazione anche riviste o settimanali.

La G. ci presenta sempre una donna intrigante che vuole apparire e deve piacere e piacersi. Gli sguardi intensi di queste figure puntano spesso verso lo spettatore cercando di catturare l’attenzione di chi osserva. Gli occhi delle donne rappresentate, quando non interrogano lo spettatore, si mostrano sfuggenti oppure sono sbarrati. L’espressività degli sguardi può essere letta come una richiesta di attenzione, alla ricerca di una condivisione empatica di uno stato d’animo, talvolta di una sofferenza.Se gli occhi esprimono timore, agitazione o persino odio, la bocca viene disegnata diverse volte attraverso due cerchietti sovrapposti ma lievemente sfasati quasi a voler definire delle labbra prorompenti, spesso tinte di rosso.Allo stesso tempo questa modalità di rappresentazione può evocare una bocca spalancata in un grido o suggerire un’espressione di stupore e l’indagine patognomica diventa forse un rito apotropaico attraverso cui l’autrice tenta di allontanare ed esorcizzare le sue paure.I capelli invece sono raffigurati in ampie ciocche, lunghe e voluminose, o raccolti dietro cerchietti e cappellini. Più volte sono presenti accessori: orecchini ad anello, grandi bottoni, fasce colorate, colletti di camicia e ampi fiocchi ad ornare il collo di queste figure femminili. Il segno è sempre marcato e sicuro; emerge uno stile personalissimo di rappresentazione o perché no di auto-rappresentazione.

Queste immagini possono infatti essere lette come autoritratti e la costanza con cui certi elementi sono ripetuti (ad esempio il nastro attorno al collo presente come accessorio decorativo in venti disegni) fa pensare a dettagli che appartengono, in origine, all’abbigliamento dell’autrice stessa. La dimensione sensuale di alcuni soggetti, confermata dalla presenza di cinque nudi, e l’attenzione particolare riservata alle figure femminili rammenta, per certi versi, la produzione grafica di Aloïse (1886-1964), un’artista brut ampiamente conosciuta. Rispetto alla G., Aloïse ci presenta forme più sontuose, colori accesi e sfondi decorati, ma anch’essa sembra redigere, attraverso la sua opera, un diario intimo sull’emotività e la seduzione.

Chiara Mazzoli