Il locale è sito in via S. Isaia n. 90. Un largo cortile lo separa dalla via e l’agilità e correttezza della facciata gli toglie quell’aspetto di pesantezza e malinconia che sembra debba essere privilegio dei grandi fabbricati.
A pochi passi dalla porta d’entrata vi è la portineria, e fra questa ed il grande arco che dà ingresso alle sale degli infermi, sono stati posti, gli uffici d’amministrazione, i guardaroba, i parlatori, allo scopo giusto ed evidente di tenere gli ammalati il più che sia possibile lontani dagli estranei.
Le cucine poste nei sotterranei, oltre a non togliere spazio ai locali superiori, offrono il vantaggio che i cibi, per mezzo di ascensori, possono giungere contemporaneamente agli uomini che abitano il piano inferiore e alle donne custodite al 2° piano.
Le celle d’isolamento sono poste in mezzo a due corridoi, in uno dei quali s’apre la porta, nell’altra una porta finestra chiusa da elegante cancellata e vetrata. (…)
I dormitorii sono ampi con una cubicità di 40 centimetri cubi d’aria per ogni individuo e l’aria vi può essere rinnovata per mezzo di appositi riscontri e per le imposte a forma di persiana. Ogni dormitorio è poi fornito di lavatorii. Acciocché poi queste stanze possono stare tutto il giorno a finestra aperta, ed essere fornite di aria non viziata, furono destinati per il ritrovo di tutti gli ammalati durante il giorno, luoghi speciali.
Poco lungi dai dormitorii stanno le camere degli infermieri, mentre le latrine sono isolate nel fondo del fabbricato o fuori di esso.
Il riscaldamento e la illuminazione favoriscono pure il ricambio dell’aria: i pavimenti sono d’asfalto nei locali a pian terreno e di cemento nei piani superiori.
Vi è pure un luogo per gli uffici religiosi, ed è collocato in modo che uomini e donne vi possono accedere per via diversa, ed un muro d’intermezzo ne impedisce la vista reciproca mentre lascia libera la vista dell’altare.
Le camere mortuarie sono poste vicino alla conserva del ghiaccio (…)
L’acqua abbondantissima è mandata per tutto l’ospizio per mezzo di circa quattromila metri di tubi di ghisa, parte tolta all’acquedotto, e questa serve alla potabilità, parte dai pozzi, che numerosi quivi trovansi da cui vien tratta con macchina motrice a vapore (sistema Giffard) la quale la spinge negli altri serbatoi riscaldandola a quanti gradi di temperatura si vuole.
Esistono pure stanze destinate al bagno degli ammalati: due superiormente, una per gli uomini ed una per le donne, e due al piano terreno colla stessa divisione.
In ciascuna di esse sono contenute sei tinozze in marmo, mentre in alcune sale terrene esistono apparecchi necessari all’idroterapia.
Il fabbricato si compone di varii bracci, alcuni staccati, sicché si sono potute giustamente stabilire le divisioni a seconda del genere di psicopatia. E quivi i pazzi sono suddivisi in cinque gruppi per ciascun sesso:
1° GRUPPO – Tranquilli e puliti compresivi i convalescenti (Proporzione 44%)
2° GRUPPO – Semitranquilli (Proporzione 36%)
3° GRUPPO – Sucidi e disturbatori non agitati (Proporzione 8%)
4° GRUPPO – Affetti di malattie fisiche comuni (Proporzione 2%)
5° GRUPPO – Deliranti agitati, rumorosi, pericolosi (Proporzione 10% per gli uomini, 12% per le donne).
Annessi ed intramezzati al locale vi sono circa venti luoghi scoperti fra cortili, passeggi, orto, giardini, tutti chiusi da muro di cinta.
Per l’isolamento degli ammalati di morbo contagioso fu provveduto fin dal 1879, all’epoca cioè dell’infezione vaiolosa nel vicino Ospedale militare, coll’acquisto di otto case in via Sana, fiancheggiante il manicomio, case che a questo vennero incorporate.
Sarebbe ora nell’intenzione del Prof. Roncati di acquistare pure altre case poste in via Frassinago, pure in vicinanza al manicomio, e formare un nuovo braccio che potrebbe servire da Lazzaretto e completare le riforme di ampliamento.
Oggi il Manicomio bolognese è uno dei principali d’Italia e nulla ha lasciato d’intentato per uniformarsi ai progressi della scienza.
E di ciò va data lode alla locale Amministrazione che ha superato qualsiasi ostacolo per raggiungere lo scopo, ed al direttore Prof. Roncati che h caldamente propugnato la necessità di quelle riforme ed ha illuminato i periti appositamente incaricati.