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Il Consultorio Medico Psico-Pedagogico

Il Laboratorio di Psicotecnica nell’autunno del 1947 allarga la sua attività, aggiungendo una nuova sezione denominata Centro Medico Psico-pedagogico.

L’attività svolta da questo Laboratorio era principalmente la psicodiagnostica e si configurò come un importante punto di forza per affrontare i gravi problemi scolastici presenti nel contesto storico-sociale del secondo dopoguerra. Infatti il processo di scolarizzazione era ostacolato da una scarsa frequenza scolastica da parte dei fanciulli che per tutta una serie di problematiche di carattere medico e psicologico, statisticamente aumentate di numero e gravità dopo la guerra, ripetevano più volte le prime classi e spesso abbandonavano la scuola.

Tra la fine degli anni '40 e l'inizio dei '50, la consultazione psico-pedagogica era una metodica di indagine molto diffusa all'estero (in Paesi anglosassoni, Svizzera, Francia) ed iniziava a diffondersi in Italia. Bologna è una delle prime città italiane ad accoglierla.

Contestualmente nascono anche le classi differenziali, le scuole ed istituti speciali: istituzioni volte a creare percorsi specifici e rispondenti alle necessità dei bambini impossibilitati a frequentare le scuole “normali”.

Compito del consultorio era esaminare i bambini con difficoltà di apprendimento e comportamentali, per orientare la scelta scolastica.

L’attività del Consultorio Medico Psico-pedagogico di Bologna si inquadrava nel vasto piano di assistenza sociale e scolastica che faceva parte del programma della Direzione dell’Ufficio di Igiene e Sanità del Comune di Bologna (1) .

I fanciulli venivano inviati presso il Centro da insegnanti, medici o familiari perché presentavano anomalie nello sviluppo intellettivo, psicomotorio o affettivo. Erano quindi esaminati nella loro unità fisio-psicologica, non trascurando l'ambiente e il contesto di vita. Infatti il lavoro era svolto da un'équipe di diverse professionalità: medico, pedagogista, assistente sociale, educatore esperto di psicologia sperimentale e tecniche di laboratorio.

Inizialmente veniva eseguito un esame medico che comprendeva anche la valutazione della familiarità genetica di eventuali patologie del bambino. Successivamente venivano somministrati alcuni test delle funzioni cognitive e proiettivi, per indagare il livello intellettivo, il comportamento, la personalità e i desideri del bambino. Nei casi ritenuti più gravi erano eseguiti anche esami neurologici e tutti quegli esami di laboratorio (radiografie, elettroencefalogramma) per verificare la presenta di eventuali complicazioni di tipo organico.

Un ruolo importante per la comprensione del contesto familiare (condizioni igieniche, economiche, morali, intellettuali, affettive) era svolto dall'assistente sociale che, grazie a una o più visite presso l’abitazione, stilava un'anamnesi familiare e dell'ambiente di vita del bambino. Un altro elemento fondamentale era la valutazione dell’insegnante rispetto alle criticità sociali e di apprendimento emerse nella classe scolastica.

I dati informativi diretti (i risultati delle prove) e indiretti (informazioni desunte da genitori, relazioni di insegnanti e di assistenti sociali) venivano analizzati e discussi in una riunione degli esaminatori, per giungere ad una valutazione complessiva e alla scelta del relativo provvedimento. Nella valutazione finale non veniva considerato determinante il risultato puramente numerico dell’esame del livello intellettivo (QI), ma si teneva conto, oltre le inevitabili imperfezioni dei metodi, anche dei fattori affettivi, emotivi e socio-culturali che potevano influire sul risultato.

Il Centro non si limitava solo a fornire diagnosi e proposte di intervento, ma effettuava annualmente visite di controllo, per verificare nel corso del tempo l’efficacia dei provvedimenti proposti.

Nello specifico i principali interventi promossi del Centro erano:

  • a carattere consuntivo generico: intesi come consigli a genitori, tutori o insegnanti sulle esigenze e gestione del bambino;
  • a carattere medico, effettuando un passaggio di consegne al medico di famiglia;
  • a carattere di assistenza sociale: volti al miglioramento dei contesti di vita del bambino, in sinergia con gli Enti ed il Comune;
  • a carattere educativo: consigli sulla destinazione scolastica che poteva essere sia la classe normale che l’invio nelle classi differenziali e scuole speciali.

Le classi e le scuole speciali

La classe di osservazione. Venivano indirizzati alle classi di osservazione i bambini che all’esame psicologico presentavano caratteristiche personali ed esigenze educative da approfondire e valutare in un arco di tempo prolungato. Il quoziente intellettivo dei bambini ammessi a queste classi doveva essere superiore a 75/100. Gli insegnanti venivano selezionati per la loro particolare esperienza e sensibilità. Avevano il compito di osservare durante l’anno scolastico le capacità e le esigenze educative del bambino, per valutare l’opportunità dell’ingresso nella scuola primaria “normale”. In caso contrario veniva proposto un ulteriore anno di permanenza nella classe di osservazione per consentire al bambino di raggiungere un livello adeguato ad un proficuo inserimento nella scuola primaria.

Classe differenziale. La classe differenziale era stata istituita per soggetti definiti dalle categorie diagnostiche dell’epoca come “ipodotati intellettuali non gravi (Q.I. 75-90), con problemi di socializzazione ed anomalie del comportamento”. Per questi bambini era stato previsto un percorso specifico tarato sulle loro esigenze e volto al recupero delle abilità deficitarie, per un ottimale reinserimento nelle classi “normali”. Le classi differenziali erano poste all’interno del plesso scolastico ed utilizzavano le stesse modalità delle altre classi. La funzione sociale della classe differenziale era anche promuovere contatti più vivi e profondi fra famiglia e scuola. Infatti venivano prefissate alcune giornate, nell’arco della settimana, nelle quali le famiglie potevano partecipare alla vita delle classi, acquisendo dal vivo anche nuove modalità educative.

Le scuole speciali. Questo tipo di scuole, parte di una rete collegata al Centro Medico Psico-Pedagogico, erano state previste per ragazzi con severe e specifiche difficoltà comportamentali e cognitive. I contesti di vita da cui provenivano questi ragazzi venivano spesso definiti “penosissimi”.

Le scuole speciali a permanenza diurna erano:

  • Scuola per bambini gracili
  • Scuola per mongoloidi
  • Scuola per spastici
  • Scuola per ambliopici
  • Scuola per tracomatosi
  • Scuola per sordastri
  • Scuola per caratteriali

Gli istituti dove erano ricoverati durante tutta la giornata, per un certo periodo erano:

  • Istituto per bambini gracili – Casaglia e Barbiano.
  • Istituto Neyroz, per ragazzi definiti “caratteriali”.
  • Istituto Lolli di Imola e Istituto Donini di Budrio dove venivano ricoverati i casi ritenuti ancora più gravi, all’epoca definiti addirittura come “irrecuperabili”.

Le insegnanti impegnate in queste scuole speciali si erano formate nelle scuole ortofreniche di Firenze e Urbino, ma soprattutto erano fortemente motivate a lavorare con i bambini con varie forme di disabilità. Per esempio nella scuola per i ragazzi diagnosticati come “mongoloidi” e all’epoca considerati “irrecuperabili”, Olga Zembo e le sue colleghe riuscivano ad ottenere qualcosa che sembrava "miracoloso" ai visitatori; gli operatori giustificavano i loro risultati con la fiducia che personalmente riponevano nelle possibilità e nelle reali capacità del bambino in cui loro autenticamente credevano.
Il bambino “mongoloide” tenuto per volere della famiglia isolato dall'esterno e costantemente immerso in una stretta dipendenza protettiva, trovava nella scuola un'educazione che favoriva la socializzazione e l'autonomia. Inoltre, il lavoro a stretto contatto con la famiglia, portava la stessa ad assumere un diverso atteggiamento nei confronti del bambino e a considerarlo un membro attivo e non il frutto di “tare familiari”, portatore di sensi di colpa e di vergogna e quindi da tenere nascosto.
Nella scuola si verificava un processo di adattamento del bambino, processo favorito dalle attività costanti e organiche in armonia con i compagni: ginnastica correttiva e ritmica, educazione sensoriale, canto, esercizi di vita pratica, ortofonia, anche lavoro, persino il più elementare e meccanico, considerando la difficoltà di coordinazione dei movimenti e il basso livello intellettivo, ma che serviva a rendere più attiva la mente, migliorare il tono muscolare, coordinare i movimenti. Così, per esempio le bambine riuscivano ad eseguire semplici lavori di ricamo e maglieria.
Vogliamo anche ricordare la Scuola per Caratteriali, il “Lazzaretto”, che aveva conservato la denominazione dello scopo a cui era stato adibito in passato, dove il maestro Evangelisti e gli altri insegnanti si trovavano a lavorare con ragazzi provati da esperienze dolorosissime : affidati dalla famiglia a un Istituto perché costituivano un peso economico e un impegno troppo pesanti; abbandonati dalla nascita al brefotrofio; adottati da una famiglia e poi riportati all'Istituto. Queste erano esperienze che portavano ad assumere atteggiamenti insofferenti e ostili, instabilità, impulsività e incapacità di controllo. L’obiettivo della scuola era promuovere la socializzazione e l’autodisciplina attraverso il lavoro. Un impegno molto duro in cui gli insegnanti appoggiati da direttrice, ispettori e assistenza scolastica sperimentavano tutto quello che poteva essere utile per aiutare i ragazzi ad affrontare le attività con un senso di responsabilità e a dare alla scuola un'atmosfera più distesa e serena. I miglioramenti ottenuti, specialmente dal punto di vista del comportamento, incoraggiavano gli insegnanti a proseguire sulla via intrapresa cercando sempre nuove soluzioni.

DOCUMENTI
Alcune riflessioni dei bambini delle scuole speciali.

Gabriella Rizzardi e Luigi De Donno

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1 Fonte: Cannella B., Grazioli F., Cocchi A. Riassunto statistico e considerazioni sull’attività svolta dal Consultorio Medico Psico-Pedagogico di Bologna nel quinquennio 1947-1952. Estratto da “Atti dell’Associazione Italiana per l’Igiene”, Volume I. Relazioni e Comunicazioni al XVI Congresso Nazionale d’Igiene. Milano, 5-9 ottobre 1952.