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“Occasione colera”: il trasferimento dei matti all’ex convento di Sant’Isaia

Già da diverso tempo ci si interrogava su come poter cambiare le cose, su come e dove poter offrire un’assistenza ospedaliera più dignitosa ai malati di mente. Ne siano esempi la lettera che Roncati indirizza al Corpo Amministrativo nel novembre 1866 per domandare alla Provincia lo spostamento del manicomio nell’ex convento di Sant’Isaia1, e la richiesta che Francesco Rizzoli rivolge l’anno successivo a Roncati, circa la possibilità di adattare l’intero Ospedale di Sant’Orsola a manicomio. Rispetto a quest’ultima, in una lettera datata 17 marzo 1867, Roncati si pronuncia sulla “non idoneità” 2 di tale progetto, adducendo ragioni di carattere logistico e organizzativo: nel Sant’Orsola le sale sono lontane e mal distribuite, i letti sono scarsi (appena 171 in tutto, compresi quelli già occupati dagli alienati), alcuni locali sono troppo umidi e dunque inutilizzabili, altri inadatti allo scopo perché prospicienti la strada o i campi. Tutt’al più – continua Roncati – l’adattamento del Sant’Orsola sarebbe da prendere in considerazione solamente “come un male minore nel caso in cui mancasse qualunque altro espediente di riparo ai gravissimi mali presenti”. Invece, soluzione decisamente migliore Roncati la vede ancora una volta nell’ex convento delle suore salesiane di Sant’Isaia: qui i locali sono ampi e permettono un’efficace divisione e organizzazione interna degli spazi, e sono presenti, oltre ad una lavanderia interna – “vero tesoro per un manicomio” –, anche terreni da coltivare e da passeggio; per di più la posizione è tranquilla e tutto il complesso gode di ottima vista.

Proprio in quei giorni, anche la Deputazione Provinciale giunge alla medesima conclusione: nella seduta del 12 marzo 1867 il deputato avv. Enrico Sassoli, facendo sue le ragioni già scritte da Francesco Rizzoli, dichiara inabitabile il reparto di S. Orsola e necessario un provvedimento sollecito per destinare un ex convento a nuova sede del manicomio. Per di più, tale scelta rappresentava una soluzione più economica rispetto all’eventuale costruzione di un nuovo edificio, e l’ex convento di Sant’Isaia – dapprima individuato come possibile sede di un lazzaretto, o di una caserma dei carabinieri, o ancora di un carcere –, era stato infine preferito “per l’isolamento e l’ampiezza e bellezza del luogo”. L’accordo tra Sopraintendenza degli Ospedali e la Provincia è unanime: viene dunque richiesta l’autorizzazione per procedere al trasferimento all’Amministrazione del Fondo per il Culto, che però non l’accoglie con favore (tant’è vero che l’autorizzazione verrà ufficialmente concessa solamente l’anno successivo, a trasferimento già avvenuto).

Dopo qualche mese di stallo, qualcosa fa precipitare gli eventi: nel reparto alienati del Sant’Orsola scoppia un’epidemia di colera, provocando anche la morte di un’internata nei primi giorni di settembre. A questo punto, Roncati rompe gli indugi e, dopo aver ottenuto il permesso di traslocare da parte del Corpo Amministrativo, organizza il trasferimento. La notte del 12 settembre 1867 un primo gruppo di ricoverati (“i convalescenti e tranquilli”) si incammina verso l’ex convento di Sant’Isaia, guidati dagli infermieri; due giorni più tardi Roncati ottiene di trasferirvi anche “i furiosi”, e nel giro di una settimana il trasloco viene completato. In questo periodo Roncati intrattiene una corrispondenza serrata con Rizzoli: il 14 settembre raccomanda una difesa “dalle mille influenze sinistre” che potrebbero intralciare il trasferimento resosi necessario dalla “propizia occasione” – e qui retoricamente domanda “sia benedetto il colera?”; il 22 settembre e per il periodo successivo informa in maniera costante e puntuale circa l’andamento dei lavori – “intanto a Sant’Orsola si demolisce nel mentre si fabbrica alle Salesiane”.

Nelle sue memorie, Roncati ha scritto che probabilmente il buon esito della cosa è dipeso proprio da quell’occupazione provvisoria, che, appoggiata dalla Sopraintendenza degli Ospedali e dalla Provincia e fatta passare “sotto il colore di cosa temporanea”, ha imposto e sancito nei fatti, prima ancora che sulla carta, la nascita del nuovo ospedale per matti.

elisa montanari

 

1 La notizia è riportata nella cronologia indicata in Danilo Di Diodoro, Giuseppe Ferrari, a cura di , Memoria in ordine al manicomio di Bologna, desunta dagli atti esistenti nell’archivio dell’amministrazione degli spedali di Bologna di Salesio Manservigi, archivista dell’amministrazione centrale degli spedali – Bologna 8 ott. 1890, Bologna, Editrice Clueb, 1983, p. 14.

2 Le lettere che Roncati scrisse a Rizzoli nel periodo del trasferimento (1867-1868) sono riportate in Eugenio Dall’Osso, “La costituzione in Bologna dell’Ospedale Psichiatrico «Roncati»”, in Bullettino delle scienze mediche, Bologna, anno 1956, pp. 227-238.