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L’antropologia pedagogica: Ugo Pizzoli e il primo corso di pedagogia scientifica a Crevalcore

Quando, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, la scienza antropologica metteva in evidenza la dimensione temporale dello sviluppo psico-fisico dell’individuo e introduceva la teoria della degenerazione nel panorama intellettuale italiano dirigendo lo sguardo scientifico verso l’infanzia, quando la medicina e la psichiatria italiane iniziavano a interessarsi alla questione sociale scoprendo la grande influenza di fattori ambientali e delle condizioni igieniche e sociali sulla salute della popolazione, acquistarono sempre maggiore importanza nei discorsi scientifici del tempo il ruolo della profilassi e dell’educazione delle nuove generazioni. 1
All’ordine del giorno per la scienza positivistica italiana era una rifondazione della pedagogia che, per passare alla “fase positiva”, avrebbe dovuto rinnovare i suoi principi sulla base di una vera “cognizione della natura umana e di quanto la circonda e delle influenze che ne subisce” da raggiungere con osservazioni dirette dello sviluppo fisico e psichico del bambino condotte attraverso i dettami dello sperimentalismo scientifico. La pedagogia sarebbe diventata una vera e propria scienza solo se, abbandonando gli “antichi” precetti astratti e metafisici sui quali era precedentemente basata, si fosse ricostituita sui fondamenti dell’igiene, della fisiologia, dell’anatomia, dell’antropologia, della psicologia e della sociologia in quanto scienza che ha alla base “tutte le scienze che hanno per oggetto l’uomo, nelle manifestazioni della sua attività fisica, intellettuale e morale, nonché nelle relazioni coi simili, o nella vita sociale”. 2
Praticamente nulle erano le conoscenze sul bambino: coinvolgendo i maestri, privilegiati osservatori dell’infanzia, in questa opera di rinnovamento della scienza pedagogica la scuola sarebbe diventata l’ideale laboratorio di ricerca scientifica dove raccogliere osservazioni e dove compiere i due intenti, conoscitivo e di profilassi.

La prima scuola estiva di pedagogia scientifica si inseriva in questo progetto di collaborazione fra scuola e medicina per la fondazione di una “scienza dell’infanzia”. Organizzata nel 1902 dal medico Ugo Pizzoli nel suo laboratorio di Crevalcore, piccolo paesino nella provincia di Bologna, vide la partecipazione di cento maestri accorsi da tutta Italia e di scienziati all’avanguardia nello studio della mente infantile fra cui l’emergente dottoressa Maria Montessori. 3

Il “Laboratorio di Pedagogia Scientifica”, istituito dal medico nel 1899, era di fatto il primo gabinetto di antropologia pedagogica in Italia. Il laboratorio era provvisto di un impianto elettrico, di uno fotografico e di un apparecchio per le proiezioni luminose. Era dotato di tutti i più svariati strumenti per l’esame antropologico e fisiologico. Per l’esame psichico Pizzoli aveva raccolto una ricca collezione di “testi-mentali”, introdotti in Italia da Ferrari dopo il suo soggiorno presso il laboratorio di Alfred Binet alla Sorbona, utilissimi per il medico non solo per la misurazione delle disposizioni fisio-psichiche e intellettuali degli scolari ma anche come materiale didattico di supporto per i maestri.

Alcuni degli strumenti erano stati ideati dallo stesso Pizzoli: ne è un ingegnoso esempio il “tavolo psicoscopico”, un piccolo gabinetto portatile per la “determinazione della personalità psichica dell’alunno”, composto da vari comparti ciascuno finalizzato ai diversi esercizi per la misurazione e per l’educazione dei sensi, della memoria, dell’attenzione e dell’immaginazione. 4 Nel laboratorio c’era poi una sala destinata a raccogliere materiale di “igiene scolastica” (modelli di banchi, disegni e piante di edifici scolastici, progetti per la ventilazione, la disinfezione e il riscaldamento) e materiale didattico per la formazione degli insegnanti (tavole grafiche e statistiche, diagrammi, tavole figurative di anatomia, fisiologia e psicologia). Il laboratorio era fornito di una ricca biblioteca e di un archivio dove conservare il materiale scientifico e i risultati dei vari studi che Pizzoli avrebbe compiuto negli anni seguenti. 5 I principali furono le osservazioni antropologiche realizzate su più di ottocento bambini dell’asilo e delle scuole elementari di Crevalcore e su un centinaio di piccoli idioti dell’Istituto medico-pedagogico emiliano, dove il medico fu per tre anni direttore didattico sperimentando le prime lezioni di “biologia pedagogica” rivolte agli insegnanti dell’istituto. È da questa esperienza che nacque in lui l’idea di organizzare nel suo laboratorio dei corsi di formazione per maestri. 6

“Il mio laboratorio, dovrà essere adunque come una scuola di preparazione tecnica ai maestri e sarà una vera e propria scuola, nella quale agli insegnamenti teorici di psicologia pedagogica faranno seguito lezioni pratiche intorno alla tecnica sperimentale”, scriveva Pizzoli sul Bollettino dell’Associazione pedagogica nazionale che assumeva il patronato del Laboratorio di Pedagogia Scientifica ad appena un anno dalla sua nascita. Il laboratorio, visitato e lodato dai più eminenti scienziati del tempo, era diventato in poco tempo un importante centro di divulgazione del nuovo indirizzo pedagogico e, una volta ottenuta l’autorizzazione ufficiale da parte del Ministero della pubblica istruzione, sede della prima scuola estiva di pedagogia scientifica che veniva inaugurata nel piccolo paesino della provincia emiliana il 1 agosto del 1902.
Spettava ad Augusto Tamburini, nominato direttore onorario del laboratorio, il discorso inaugurale che fu di fatto una chiarissima espressione dei capisaldi della scienza positivistica italiana. Questo per lo psichiatra il “nobile intento” del laboratorio e del corso per maestri: insegnare a educare le nuove generazioni sulla base dei principi della scienza positiva era contribuire “ad un progresso sociale”, “al sereno avvenire dell’umanità”, formando “menti equilibrate, caratteri forti, sane coscienze” e prevenendo malattie psichiche e degenerazioni. 7
Alla base della “nuova pedagogia scientifica” risiedeva l’idea secondo la quale per educare il fanciullo fosse prima necessario conoscerlo, estendendo ai fanciulli “normali” i metodi di osservazione utilizzati dalla scienza antropologica per studiare gli “anormali” e gli “alienati”. Per questo scopo era necessario insegnare ai maestri a studiare la psiche dell’educando, le sue facoltà e le sue attitudini attraverso nozioni scientifiche e tecniche sperimentali che li rendessero in grado di “sapere osservare”, insegnare loro a considerare lo scolaro un organismo bio-psichico in stretta connessione con l’ambiente e quindi a valutare l’incidenza della storia familiare, delle condizioni sociali ed economiche sul rendimento degli allievi. Attraverso la collaborazione con i maestri si voleva da un lato colmare la lacuna scientifica sull’infanzia e dall’altro creare programmi e regolamenti più conformi alla salute del fanciullo, adattando a queste nuove osservazioni mezzi didattici che consentissero di raggiungere risultati migliori con un minore consumo di energia nervosa. 8

Accanto alle lezioni di anatomia, di fisiologia e di antropologia tenute da Pizzoli, i 102 insegnanti accorsi da tutta Italia (maestri e direttori delle scuole elementari, ispettori scolastici, professori e professoresse di pedagogia delle Scuole normali) seguirono le lezioni di psicologia di Enrico De Michelis, laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Bologna e insegnante presso il Liceo Dante Alighieri di Ravenna, e quelle di igiene scolastica di Giuseppe Badaloni, medico provinciale, autore di un volume su Le malattie della scuola e la loro profilassi (1901).

Le lezioni del corso furono integrate con conferenze più specialistiche: Umberto Loreta, medico bolognese che si era a lungo dedicato all’assistenza all’infanzia e aveva istituito particolari sezioni infantili negli ospedali, nipote dell’illustre chirurgo Pietro Loreta, spiegava il funzionamento del linguaggio e i suoi disturbi, Francesco Marimò, professore all’Università di Parma la psicologia e la pedagogia dei deficienti, Ugo Conti, professore di diritto all’Università di Cagliari la pedagogia “per i piccoli delinquenti” e Cesare Cattaneo, professore all’Università di Parma, tenne una lezione sulle neurosi infantili.
Alle lezioni teoriche furono alternate esercitazioni pratiche, attraverso le quali i partecipanti impararono a utilizzare i diversi strumenti antropometrici e i tests mentali, e gite “didattiche” che si svolsero con le visite del nuovo edificio scolastico di Porta Galliera, considerato un modello di igiene scolastica, della sezione fanciulli dell'Istituto ortopedico Rizzoli e dell’Istituto medico-pedagogico emiliano di Bertalia, istituito nel 1899, finalizzato alla cura e all’educazione dei piccoli disabili mentali.
Le lezioni si chiusero il 28 agosto e gli esami furono tenuti sotto la presidenza di Giuseppe Sergi, professore di antropologia all’Università di Roma, uno dei promotori della Lega Nazionale per la protezione e la cura dei fanciulli deficienti (1899) e figura chiave della battaglia scientifica per il rinnovamento della pedagogia italiana. 9

Così scriveva Pizzoli nella relazione diretta al Ministro della pubblica istruzione 10 riguardo al secondo corso di pedagogia scientifica che si tenne, sempre a Crevalcore, nell’estate del 1903:
“Si pensi che il bambino passa i primi anni della vita nelle scuole elementari quando si desta la intelligenza, si formano il carattere, le attitudini, si pensi che in quella età meglio che in qualunque altra le energie individuali possono essere aiutate o deformate a seconda della educazione.
Se dunque cominciamo dal rivolgere le nostre cure ai maestri, ci accorgiamo in breve che gli sforzi nostri debbono interessare tutti quanti. Nessuno può esimersi dal prestarci il suo appoggio, sia pure morale: è questione di cuore, è questione morale, è questione scientifica. Intorno al problema educativo molti altri ne sorgono; e fanno capo al benessere generale della popolazione”

Spettava quell’anno a Maria Montessori pronunciare la prolusione di apertura. La giovane dottoressa non aveva ancora dato vita al fortunato Metodo che la renderà celebre in tutto il mondo: erano gli anni in cui si era progressivamente distaccata dalla causa dell’infanzia degenerata, di cui era stata una figura chiave al momento della nascita della Lega Nazionale per la protezione dei fanciulli deficienti, per rivolgere i suoi interessi scientifici verso l’antropologia pedagogica, disciplina che insegnava al Magistero femminile di Roma. La Montessori decideva di dedicare il discorso inaugurale a La teoria lombrosiana e l’educazione morale, esponeva le più recenti indagini antropologiche collegandole ai concetti educativi della “scuola moderna”, toccando lo spinoso problema del rapporto fra determinismo e morale e rilanciando il valore sociale dell’educazione con il suo fine di perfezionare la specie umana. 11
Come l’anno precedente si tennero lezioni sulle basi dell’anatomia, della fisiologia, dell’antropologia, della psicologia pedagogica, dell’igiene scolastica e della pedagogia emendativa, integrate con lezioni sperimentali indirizzate alla compilazione delle tavole bio-nosografiche degli alunni. Lezioni con un programma più specialistico di ortofrenia, anatomia, fisiologia del sistema nervoso e una serie di lezioni di fisiologia dell’esercizio fisico e di ginnastica profilattica e compensativa nelle scuole tenute dal medico Giuseppe Monti, erano invece dedicate a una ventina di insegnanti già iscritti al primo corso di pedagogia scientifica.

Oltre a Monti e agli insegnanti che avevano partecipato l’anno precedente – Pizzoli, Marimò, Conti, De Michelis, Badaloni, Loreta – vennero a tenere delle lezioni nel piccolo paese della provincia bolognese lo psichiatra Giulio Cesare Ferrari, che nell’autunno di quell’anno avrebbe assunto la direzione dell’Istituto medico-pedagogico emiliano, e la già citata Montessori. Mentre Ferrari le dedicava all’ortofrenia, spiegando l’importanza di questa disciplina per la comprensione della “psiche normale” e per la profilassi contro il dilagare della frenastenia, la giovane dottoressa si concentrava sullo studio analitico del corpo da un punto di vista anatomico e antropologico, prestando particolare riguardo alle stimmate fisiche, introducendo la teoria dell’evoluzione e della degenerazione e spiegando come l’educazione potesse contribuire a combatterle. Come testimonia Pizzoli nella sua relazione, la Montessori riusciva a interrompere la “monotonia” delle lezioni di antropologia proponendo “qua e là la risoluzione di problemi sociali e scottanti”. L’excursus sulla sua critica scientifica alla tesi della cosiddetta inferiorità mentale della donna, che Maria Montessori concludeva chiedendosi perché alla superiorità antropologica corrispondesse una inferiorità sociale, destò un particolare interesse negli allievi i quali, a conoscenza della militanza femminista della dottoressa, le domandarono di chiudere il corso con una serie di conferenze sulla “questione femminile”. Maria Montessori chiudeva così il secondo corso di pedagogia scientifica augurandosi “il trionfo del socialismo che la questione femminista include” e l’avvento di una nuova morale più evoluta da ottenere attraverso la vittoria delle donne. 12

Pizzoli pubblicava la relazione del secondo corso per maestri sul Bollettino del Laboratorio di pedagogia scientifica in Crevalcore (Bologna). Rivista pedagogica, fondato in quell’anno con la collaborazione di Umberto Loreta. Il Bollettino doveva essere per Pizzoli non solo un mezzo per divulgare l’attività che si svolgeva all’istituto, ma anche “una guida allo studio razionale del fanciullo nelle varie fasi del suo sviluppo fisio-psichico”, lo specchio scientifico del “movimento pedagogico nella sua ascesa sulle basi dello sperimentalismo scientifico” e delle ricerche italiane ed estere sull’argomento. 13 Quando Pizzoli l’anno successivo, grazie all’intercessione di Sergi, trasferirà il suo laboratorio a Milano e verrà nominato direttore dell’Istituto comunale di pedagogia sperimentale, la rivista prenderà il nome di Bollettino mensile del Laboratorio e Scuola di pedagogia sperimentale in Milano (nel 1906 diventerà poi il Bollettino mensile di pedagogia sperimentale e cesserà le sue pubblicazioni l’anno successivo). 14

Alessandra Cerea

BIBLIOGRAFIA:

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Valeria Paola Babini, Luisa Lama, Una “donna nuova”. Il femminismo scientifico di Maria Montessori, Milano, Angeli, 2000

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Ugo Pizzoli, Relazione diretta a s.e. il Ministro della P.I. intorno al secondo corso di pedagogia sperimentale tenuto a Crevalcore nell'agosto 1903 : bilancio morale dell'istituto di pedagogia scientifica in Crevalcore, Bologna, Stab. Tipografia Zamorani e Albertazzi, 1903

Ugo Pizzoli, “Tavolo Psicoscopico Pizzoli”, Rivista sperimentale di freniatria, XXX, 1904, pp. 619-32

Ugo Pizzoli, Il tavolo psicoscopico e l’educazione dei sensi. Nota preventiva, Imola, Cooperativa Tip. Editr. Paolo Galeati, 1905

Ferruccio Prati, “Il Laboratorio di pedagogia scientifica in Crevalcore”, Il corriere delle maestre, anno VI, n. 26-27, 1903

Giuseppe Sergi, “Per la pedagogia scientifica”, Bollettino del Laboratorio di pedagogia scientifica in Crevalcore, anno I, fasc. 1, 1903, pp. 4-8

Augusto Tamburini, Per la inaugurazione del 1o corso di pedagogia scientifica in Crevalcore, Reggio Emilia, Tip. Calderini, 1902

Carlo Trombetta, Genesi e sviluppo della psicologia dell’educazione in Italia. Un contributo storico-teorico: 1. Antropologia pedagogica, Cosenza, Due Emme, 1993

Carlo Trombetta, “Ugo Pizzoli”, Enciclopedia pedagogica, Brescia, La Scuola, 2003, pp. 9152-9153

Cleofe Urbinati, “La pedagogia scientifica”, Bollettino del laboratorio di pedagogia scientifica in Crevalcore, anno I, fasc. 1, 1903, pp. 9-27

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NOTE

1. Cfr. V. P. Babini, La questione dei frenastenici. Alle origini della psicologia scientifica in Italia (1870-1910), Milano, Angeli, 1996 e V. P. Babini, L. Lama, Una “donna nuova”. Il femminismo scientifico di Maria Montessori, Milano, Angeli, 2000

2. C. Urbinati, “La pedagogia scientifica”, Bollettino del laboratorio di pedagogia scientifica in Crevalcore, anno I, fasc. 1, cit., p. 16, 1903

3. V.P. Babini, La questione dei frenastenici…, cit.

4. Cfr. U. Pizzoli, “Tavolo Psicoscopico Pizzoli”, Rivista sperimentale di freniatria, XXX, 1904, pp. 619-32

5. Cfr. M. Gandini, “Ugo Pizzoli medico psicologo e pedagogista. Cronaca biografica 1863-1934”, Strada maestra, Quaderni della biblioteca “G. C. Croce” di San Giovanni in Persiceto, 19, 2, 1985, pp. 75-140 e F. Prati, “Il Laboratorio di pedagogia scientifica in Crevalcore”, Il corriere delle maestre, anno VI, n. 26-27, 1903

6. Cfr. V. P. Babini, La questione dei frenastenici …, cit.

7. A. Tamburini, Per la inaugurazione del 1o corso di pedagogia scientifica in Crevalcore, Reggio Emilia, Tip. Calderini, 1902

8. Cfr. V. P. Babini, La questione dei frenastenici…, cit.

9. Ibidem

10. Ugo Pizzoli, Relazione diretta a s. e. il Ministro della P. I. intorno al secondo corso di pedagogia tenuto a Crevalcore nell’agosto 1903: bilancio morale dell’istituto di pedagogia scientifica in Crevalcore, Bologna, Stab. Tipografia Zamorani e Albertazzi, 1903

11. Cfr. V. P. Babini, La questione dei frenastenici …, cit. e V. P. Babini, L. Lama, Una “donna nuova” …, cit.

12. U. Pizzoli, Relazione diretta a s.e. il Ministro della P.I. …, cit.

13. U. Pizzoli e U. Loreta, “Ai nostri lettori”, Bollettino del Laboratorio di Pedagogia Scientifica, Anno I, Fascicoli I-II-III, gennaio 1903

14- M. Gandini, op. cit.

 

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DOCUMENTI:
Il discorso inaugurale di Tamburini
Il laboratorio di Pedagogia Scientifica di Crevalcore
Gabinetto portatile di Psicologia Pedagogica
La carta biografica di Pizzoli